Qualcuno di voi ha mai agito facendo del male ad un’altra persona ma solo per stato di necessità e per difendere se stesso o altri?
Se si, può trattarsi di legittima difesa.
La conseguenza è quella che se anche si causa la morte dell’aggressore, non si è puniti dalla Legge.
Negli ultimi anni ci sono state accese discussioni in merito, in quanto a volte tale principio viene confuso con la vendetta.
Invitare un vicino noioso e cattivo in casa o un ex e simulare di essere stati aggrediti per rompergli la testa, non rientra nel principio, resta omicidio volontario.
Il criterio cardine consiste nella proporzionalità tra offesa e difesa e cioè, se la reazione supera il pericolo imminente, si tratta di eccesso colposo punibile giuridicamente.
La “punizione” viene valutata dal giudice obiettivamente tenendo conto, dei soggetti, delle armi e non utilizzate, di luogo, di modalità dell’azione, dello stato psicologico e quant’altro.
Può accadere però che a volte un individuo si senta minacciato mentre effettivamente il pericolo non sussiste.
Se obiettivamente l’errore di chi agisce sul presupposto di imminente pericolo per sé o altri, è palese, ad esempio, se una come me si vedesse puntare una pistola alla testa e dal panico o a causa del buio, non fosse distinguibile un’arma vera da una fasulla, per esempio di plastica, e, di seguito agissi colpendo il presunto aggressore con una padella, o con qualsiasi utensile, od oggetto utile alla difesa, rientrerei in pieno nella disciplina scriminante.